Una Comunità Educativa per il rilancio del Paese

La legislatura che si è aperta con il voto del 4 Marzo 2018 sta ponendo al campo dei progressisti delle sfide nuove e complesse. Siamo al governo con un movimento con cui per anni siamo stati qualcosa di peggio che avversari: un movimento che non solo, giustamente, ha aspirato a contendere il nostro consenso elettorale, ma che ci ha anche negato il riconoscimento della legittimità politica. Penso che la sorprendente alleanza di governo che ci vede oggi protagonisti sia giusta e dovuta, per senso di responsabilità verso il nostro Paese che col governo gialloverde e la crisi dell’estate 2019 ha rischiato molto. Allo stesso tempo, però, penso che questa prova di governo ci chiami a uno sforzo in più di elaborazione politica (e non politicista), d’identificazione delle nostre priorità e delle nostre idee per l’Italia e l’Europa.

Intervenire per migliorare la nostra comunità educativa

Ho fatto questa premessa per dire che penso che il Partito Democratico debba darsi una stella polare attorno a cui orientare il proprio pensiero e il perimetro dei propri interlocutori: per me l’idea fondante è e deve essere “educazione, educazione, educazione”.

Intervenire con cognizione di causa per migliorare la nostra comunità educativa, infatti, significa toccare tutti i punti sensibili alla causa dei progressisti, cioè un Paese con più opportunità e più diritti.

Un Paese con più opportunità e più diritti

Anna Ascani

Un paio di esempi

Un esempio su tutti: si è fatta molta polemica sull’obbligatorietà dei Test Invalsi, come se qualsiasi governo espresso dal Partito Democratico avesse la mania di giudicare, valutare, punire studenti e insegnanti. È vero esattamente l’opposto: lo strumento dell’Invalsi serve a mappare le scuole (e non gli insegnanti), a identificare le aree di sofferenza educativa e conseguentemente a intervenire. Alcune regioni del Sud Italia, l’area del Paese in cui povertà educativa e abbandono scolastico rappresentano un problema maggiore, hanno già aderito alla proposta d’intervenire con azioni e finanziamenti specifici per le scuole più in difficoltà. Il Partito Democratico non ha mai pensato di punire gli insegnanti: anzi, desideriamo fornire ai docenti e ai ragazzi tanti più strumenti quanto più difficile è il contesto. E questo che cos’è, se non ridurre le diseguaglianze?

Un altro esempio molto eloquente riguarda la prospettiva di estendere l’obbligo scolastico dai 3 ai 18 anni, o perlomeno di garantirne il diritto a tutti, specialmente potenziando l’offerta formativa nei primi anni di vita dei bambini. Un approccio di questo tipo alla comunità educativa come percorso che ci accompagna per tutta la vita (anche e soprattutto nei primi anni) è strettamente collegato ai diritti delle famiglie, in particolare delle donne, e alla crescita economica del nostro Paese, che purtroppo è tarpata soprattutto nel Sud Italia da un insufficiente numero di donne aventi un’occupazione. All’estremo opposto della finestra 3-18, l’estensione dell’obbligo scolastico è una questione fortemente collegata al potenziamento dell’istruzione tecnica e professionale (e quindi all’allineamento tra competenze in uscita dalla scuola e in ingresso al mondo del lavoro) e all’orientamento universitario: l’Italia ha un tasso spaventosamente alto di dispersione universitaria, perché circa 15 iscritti su 100 abbandonano durante il primo anno del corso di studi, a cui far fronte anche tramite il potenziamento dell’offerta formativa nella fascia 16-18 anni.

La comunità educativa non è mai venuta meno durante l’emergenza Coronavirus

Ho citato due aspetti molto chiari per esemplificare che l’idea che abbiamo di comunità educativa è qualcosa di strategico e di strutturale per un Paese, qualcosa che definisce e discrimina chi vuole aumentare opportunità e diritti e chi no. Per me si tratta di un’idea fondante e con la mia azione di governo e politica m’impegno affinché nel Partito Democratico sempre di più la si riconosca come tale e la si ponga al centro dell’agenda.

Una cosa è certa: è l’educazione che ha permesso al Paese di reggere in questo momento.

Anna Ascani

E si tratta di un’idea – ci tengo a sottolinearlo – che non è mai venuta meno neanche in queste settimane difficili che stiamo attraversando per via dell’emergenza sanitaria dovuta al contagio da Coronavirus. La scuola ha dimostrato di essere a tutti gli effetti comunità. Ha saputo dare fondo a tutte le energie e a tutte le risorse che possiede. Ha rinforzato legami, riuscendo a non fermarsi mai e a garantire, insieme al diritto allo studio, la normalità agli studenti. Il nostro sistema di istruzione si è dimostrato pilastro del nostro vivere civile. Istituzione salda e punto di riferimento anche in tempi di crisi inedita.

È chiaro che le esperienze di didattica a distanza sviluppate in questi giorni si sono rivelate differenti da territorio a territorio, non tutte le scuole e le famiglie partivano da contesti di vantaggio sociale o economico. Ma come Ministero ci siamo attivati da subito per risolvere le criticità emerse e per sostenere studenti e personale scolastico nel loro impegno encomiabile. Abbiamo messo a disposizione competenze, piattaforme, fondi. Abbiamo fatto sì che le istituzioni scolastiche potessero condividere le loro esperienze per trovare soluzioni e sperimentare nuove metodologie didattiche. E la lezione che tutti noi abbiamo imparato dalla scuola in questo periodo non andrà dispersa. Sarà patrimonio per le nostre azioni future di miglioramento del sistema.

Una cosa è certa: è l’educazione che ha permesso al Paese di reggere in questo momento. La resilienza della comunità educante. Sono le relazioni che compongono e sostengono una delle principali istituzioni del nostro Stato. Metterle il sistema di educazione e istruzione al centro dell’impegno di questo governo continuerà a essere il nostro obiettivo principale.