- Medici sotto attacco
- Una riforma della medicina del territorio è necessaria
- Un sistema diverso e profondamente innovato
- Bisogna passare a un sistema “paziente-centrico”
- È necessario adottare un modello di Cure Primarie centrato sulla persona
- Il Portogallo come modello da seguire
È sotto gli occhi di tutti la crisi del nostro Sistema Sanitario di fronte all’impatto di una pandemia virale che per il momento non ha un termine temporale definito, né purtroppo ancora ben prevedibile. Crisi nella sua componente di assistenza ospedaliera, o secondaria (di secondo livello) e crisi nella sua componente di assistenza primaria, territoriale.
Come Medico del territorio, di Medicina Generale, sperimento indirettamente la prima (ospedaliera) ed amaramente e direttamente la seconda (territoriale).
Medici sotto attacco
Non sono pochi gli attacchi ai Medici di Medicina Generale in queste settimane. Se sono giustificabili quelli specifici a singoli medici che si negano alla loro opera di diagnosi e cura (per paura di contagio fondamentalmente, in condizioni di lavoro non protette, modificabili o meno che siano), non sono invece appropriati gli attacchi superficiali e generici alla categoria che vede pagare uno dei prezzi più alti di decessi da COVID: la maggior parte infatti sta operando, bene o male, molto oltre le proprie mansioni e responsabilità (vicariando di fatto, per esempio, gran parte di quanto non riescono a fare i servizi di Igiene e Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali, i “SISP”).
Se sono giustificabili quelli specifici a singoli medici che si negano alla loro opera di diagnosi e cura, non sono invece appropriati gli attacchi superficiali e generici alla categoria che vede pagare uno dei prezzi più alti di decessi da COVID
Una riforma della medicina del territorio è necessaria
Se possiamo (e dobbiamo!) raccogliere una eredità positiva da quanto sta accadendo, una riforma non superficiale della medicina del territorio è necessaria.
Lo era anche prima, se si esce da ipocrisie ormai troppo a lungo trascinate, perché l’assistenza primaria mostra limiti importanti già precedenti all’impatto della pandemia, dovuti all’ormai consolidato cambiamento della popolazione in senso di età avanzata e a causa di bisogni complessi e richieste di salute molto più elevate che in passato.
Limiti che solo in parte sono stati affrontati con l’introduzione di alcune innovazioni quali l’assistenza domiciliare “integrata” o “programmata”, le cure palliative possibili anche a domicilio, la gestione integrata di alcune patologie (prima fra tutte il diabete mellito) o ancora l’avvio sparso solo in alcuni territori di esperienze di “Case della Salute”.
Un sistema diverso e profondamente innovato
La cura di una popolazione largamente anziana, con patologie croniche, con frequenti stati di isolamento per ridotte reti famigliari, richiede un sistema diverso e profondamente innovato.
Inoltre, allargando lo sguardo alla popolazione nel suo complesso di età e problematiche, i limiti emergono anche in conseguenza di uno sviluppo scientifico, tecnologico, applicativo di cure tanto ricco, quanto non equamente distribuito non solo per investimenti sempre purtroppo parziali, ma anche per carenza di figure assistenziali attive capillarmente.
Non è oggi più il tempo di una sola figura centrale, talora ancora unica (solitaria, non associata), attorno a cui tutto ruota (il Medico), ma di un sistema di équipe di diversi professionisti presenti fuori dagli ospedali, dalle cliniche e dai centri diagnostici, che collaborano costantemente, e non occasionalmente, per la cura del cittadino (ovvero medici, infermieri di comunità, fisioterapisti, altri terapisti, psicologi, assistenti sociali, ecc.).
Dobbiamo raccogliere un’eredità positiva da quanto sta succedendo
Bisogna passare a un sistema “paziente-centrico”
Una visione di medicina del territorio che è già realtà di Cure Primarie in alcuni Paesi e che può esserlo anche in Italia se la politica ne riconosce il valore e sa promuoverla con le opportune scelte. Occorre insomma passare da un sistema di fatto “medico-centrico”, che è fondato di fatto esclusivamente dal rapporto di fiducia tra il cittadino ed il medico scelto, ad un sistema policentrico, anzi “paziente-centrico”, dove certo può essere conservata una relazione privilegiata con uno specifico medico, che però non risulta esclusiva e necessaria per ogni tipo di assistenza prevedibile.
Esiste già una prospettiva concreta per un cambio di paradigma del genere?
Sì, e si tratta della Primary Health Care di tipo comprehensive (C-PHC). Un modello concettuale di organizzazione dei servizi sanitari originato già nel 1978 (Conferenza di Alma Ata) e ribadito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel World Health Report del 2008 (“Primary Health Care: Now more than ever”).
Un modello assistenziale basato sulla centralità delle Cure Primarie, sulla multiprofessionalità, sul lavoro in équipe, sull’integrazione e comprensività dei servizi, sul coinvolgimento comunitario del territorio (enti locali, organizzazioni locali) con una attenzione particolare all’equità.
Programmi basati sulla PHC già condotti hanno aumentato nel tempo l’accesso ai servizi sanitari, si sono dimostrati efficaci nel migliorare importanti indicatori di salute (soprattutto, nelle fasce di popolazione più povere) e hanno indotto un rafforzamento dei sistemi sanitari nel loro complesso.
È necessario adottare un modello di Cure Primarie centrato sulla persona
In Italia un gruppo indipendente di professionisti del campo della salute, provenienti da varie Regioni, si interroga da tempo sui modelli già esistenti di Cure Primarie nel mondo e sul ruolo della Medicina Generale nel XXI secolo.
Due anni fa ha avviato la campagna “2018 Primary Health Care Now or Never” per trasformare in Italia l’Assistenza in Cure Primarie (“…ora o mai più!”).
Si può leggere nella pagina web del gruppo promotore: “Per garantire la salute come diritto e quindi la sostenibilità dei Servizio Sanitario Nazionale nel XXI secolo, è necessario adottare un modello di Cure Primarie (definito dalla letteratura Comprehensive Primary Health Care, C-PHC) centrato sulla persona, sulle sue reti familiari, di relazioni prossimali e orientato alla comunità.
In Italia, alcune di queste indicazioni sono state recepite attraverso la normativa che istituisce le Case della Salute, lo sviluppo di documenti quali il Piano Nazionale Cronicità e il recente Piano Nazionale della Prevenzione.
Sebbene in qualche Regione si siano messi in moto processi di riorganizzazione virtuosi delle Cure Primarie, il cambiamento nella mentalità degli operatori, degli utenti e nelle pratiche di salute sul territorio nazionale è difficile e lento.
E forse non potrebbe essere altrimenti, perché si tratta di un cambiamento culturale radicale che sposta il focus del Servizio Sanitario da un modello ospedalocentrico a un modello basato sulle Cure Primarie territoriali.” […] “Il Servizio Sanitario attuale, infatti, è ancora caratterizzato da un “modello per acuti” in cui il luogo di cura è l’ospedale.
Al contrario per affrontare le sfide attuali connesse all’aumento delle condizioni di cronicità e complessità è necessario un modello basato sulle Cure Primarie che metta al centro le persone e la loro Salute nei luoghi di vita, senza trascurare le determinazioni sociali, economiche e politiche”.
Per garantire la salute come diritto e quindi la sostenibilità dei Servizio Sanitario Nazionale nel XXI secolo, è necessario adottare un modello di Cure Primarie (definito dalla letteratura Comprehensive Primary Health Care, C-PHC) centrato sulla persona, sulle sue reti familiari, di relazioni prossimali e orientato alla comunità
Il Portogallo come modello da seguire
In Europa, il Portogallo è un modello da seguire per il percorso intrapreso per nuovo modello di Cure Primarie centrato sulla multiprofessionalità e sul lavoro d’équipe, fondamentalmente dal basso (bottom up).
Il testo programmatico portoghese (Livre Azul) ispira la scrittura collettiva italiana del “Libro Azzurro – Futuro delle Cure Primarie in Italia”.
È necessario che la politica dia spazio ed ascolto a questo percorso per operare i cambiamenti necessari (si veda: https://www.saluteinternazionale.info/2020/09/un-manifesto-per-rinnovare-le-cure-primarie/).